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Gravidanza: il monitoraggio cardiotocografico fetale

Gli ultimi due mesi di gravidanza vengono vissuti dalla donna con particolare attenzione. Inizia infatti una sorta di “conto alla rovescia” tutto finalizzato al momento cruciale della gravidanza: la nascita del bambino.Oltre ai preparativi logistici (acquisto di tutto cio’ che servirà al neonato, dai vestitini alla culletta e passeggino), la futura mamma comunemente vive l’attesa del parto, specie se si tratta del primo, come un grande “punto interrogativo”.

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Le domande piu’ frequenti riguardano il periodo del travaglio (“saro’ in grado di affrontare la fase espulsiva?”, “e’ meglio praticare l’anestesia epidurale?”…) e da un punto di vista medico, la gestione di questa ultima fase della gravidanza e’ finalizzata a garantire e monitorizzare il “benessere fetale”.

Che cos’’è il “benessere fetale” e sua valutazione

Il benessere fetale e’ sostanzialmente la condizione di regolare crescita del feto e la sua valutazione consente di evitare quelle rare condizioni che possono portare allo svilupparsi di danni neurologici irreversibili, fino alla morte endouterina del feto. Si tratta quindi di prevenire ed individuare eventuali segni di sofferenza fetale attraverso alcune indagini strumentali che sono diventate di routine nella gestione delle ultime fasi della gravidanza.

Analizzeremo solo alcune di queste indagini riservate a monitorizzare la gravidanza fisiologica ed in normale evoluzione, tralasciando le tecniche meno comuni utilizzate nella gestione della gravidanza patologica ed a rischio.

Il benessere fetale e’ sostanzialmente correlato ad una adeguata ossigenazione del sangue fetale attraverso la placenta, che consente una regolare crescita ed attività del feto. Queste ultime vengono monitorizzate attraverso l’ecografia e la flussimetria fetale.

Ecografia e flussimetria

L’ecografia eseguita intorno alla 32-34 settimana di gravidanza consente di osservare il profilo biofisico e comportamentale del feto, osservandone quindi lo stato di benessere.
L’ecografia permette di osservare:

  1. i movimenti respiratori fetali;
  2. i movimenti del corpo fetale;
  3. il tono fetale, ossia la posizione in flessione degli arti superiori, di quelli inferiori sull’addome e della testa sul tronco;
  4. i movimenti fetali oculari;
  5. il volume del liquido amniotico, calcolando il volume delle sacche localizzate sui 4 quadranti addominali materni;
  6. il grado di maturità placentare;
  7. le misurazioni fetali associate al peso.

La flussimetria fetale e’ un’indagine che si esegue contemporaneamente all’ecografia descritta.

Consente di studiare il flusso sanguigno a livello dei vasi ombelicali e cerebrali del poligono di Willis.

Dall’analisi di questi fattori (rapporto sistole-diastole, indice di pulsatilità P.I., rapporto di Pourcelot P.R.) associato talora allo studio delle resistenze vascolari delle arterie uterine, e’ possibile confermare lo stato di benessere fetale o individuare condizioni di iniziale sofferenza fetale.

La flussimetria fetale e’ infatti in grado di evidenziare la cosiddetta “centralizzazione del circolo”, ossia una condizione di ipoossigenazione che privilegia i distretti “nobili” cardiaco e cerebrale con riduzione del circolo nel distretto addominale. Questa condizione rischia di portare il feto in “sofferenza”.

L’ultimo mese di gravidanza (dalla 36 settimana in poi) e’ caratterizzato, da un punto di vista medico, dall’esecuzione dei monitoraggi cardiotocografici fetali (CTG)

Il monitoraggio cardiotocografico fetale (CTG)

Esso individua 2 fattori:

  1. la frequenza cardiaca fetale (Cardio);
  2. la contrattilità uterina (Toco).

Viene utilizzato uno strumento che si avvale di ultrasuoni per il rilevamento del battito cardiaco fetale ed un sistema di variazione di pressione per il rilevamento delle contrazioni uterine.

Queste due sonde vengono applicate sull’addome della donna e mantenute in posizione mediante delle fasce elastiche.

La cardiotocografia fetale in condizioni normali viene denominata “non stress test” (NST), sotto stimolo di ossitocina viene definita “stress test”, ma e’ riservata a particolari condizioni eseguibili in ambiente ospedaliero.

Il monitoraggio CTG mette in evidenza quindi se vi e’ un’attività contrattile dell’utero, ma analizza soprattutto le variazioni di frequenza cardiaca del feto.

Durante 20 minuti circa di tracciato si registra:

  1. la linea di base, ossia la linea di frequenza cardiaca basale media;
  2. la variabilità, ossia la differenza fra la frequenza massima e minima;
  3. la presenza di accelerazioni, ossia un aumento della frequenza cardiaca media;
  4. la presenza di decelerazioni, ossia una netta riduzione della frequenza cardiaca;
  5. i movimenti attivi fetali (MAF), ossia la presenza dei movimenti percepiti dalla gestante.

In un tracciato normale, queste variabili devono avere queste caratteristiche:

  1. linea di base: la frequenza cardiaca deve oscillare tra 120 e 160 battiti/minuto. Si definisce “bradicardia” se la frequenza e’ inferiore a 120, “tachicardia” se superiore a 160;
  2. variabilità: normalmente e’ intorno a 10/15 battiti/minuto, identificandosi un tracciato tipo 0 silente (inferiore a 5), tipo 1 ondulatorio ristretto (tra 5 e 10), tipo 2 ondulatorio (tra 10 e 25), tipo 3 saltatorio (superiore a 25);
  3. accelerazioni: devono essere presenti, superare i 5 battiti/minuto rispetto alla linea di base e durare piu’ di 15 secondi;
  4. decelerazioni: non devono essere presenti in un tracciato normale. Se presenti possono denotare uno stato di ipoossigenazione e centralizzazione del circolo;
  5. movimenti fetali: devono essere presenti in un tracciato normale.

In base all’analisi di questi fattori si identificano 4 tipi di tracciato CTG:

  1. tipo A: tracciato poco variabile, senza accelerazioni, puo’ esprimere una condizione patologica;
  2. tipo B: tracciato variabile con accelerazioni e movimenti fetali;
  3. tipo C: tracciato variabile senza movimenti fetali;
  4. tipo D: tracciato molto variabile di difficile interpretazione.

In conclusione, il monitoraggio cardiotocografico e’ un esame da eseguire settimanalmente a partire dalla 36 settimana fino al parto ed e’ un’utile indagine diagnostica volta a garantire un controllo dell’evoluzione della gravidanza.

Una eventuale alterazione di uno dei monitoraggi porterà il ginecologo ad attuare tutte le misure finalizzate alla realizzazione della nascita di un bambino sano.

Di seguito il link con le linee guida ACOG 2010:

http://www.marcellosergio.it/?p=851&preview=true

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Dott. Marcello SERGIO
Specialista in Ginecologia ed Ostetricia

Scritto il 9 novembre, 2009


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